Cos’è un dispositivo individuale di protezione (DPI)? Quali sono i presupposti per imporne l’obbligatorietà al lavoratore? Quali sono le modalità per prevederne l’obbligo? Cos’è il rischio specifico? Cosa sostiene la Cassazione in merito alla responsabilità del datore di lavoro? Qual è il legame tra rischio specifico e uso del DPI?
Recentemente la Cassazione civile si è pronunciata sul tema della sicurezza sul lavoro.
Essa ha avuto occasione di ribadire la necessaria sussistenza di un rischio specifico, connaturato alle caratteristiche dell’attività svolta, affinché possa ritenersi sussistente una responsabilità in capo al datore di lavoro per eventuali infortuni o malattie subiti dal lavoratore.
Solo il rischio specifico, infatti e non anche il rischio generico, è prevedibile ed evitabile da parte del datore di lavoro.
Parimenti, la Suprema Corte ha precisato, in riferimento alla sussistenza di tale rischio specifico, la necessaria sussistenza, altresì, del nesso eziologico tra attività lavorativa svolta ed evento dannoso.
Un’importante osservazione ha riguardato, peraltro, l’onere probatorio in capo al lavoratore danneggiato.
Tale onere è intimamente legato proprio al postulato che, ai fini della responsabilità datoriale, richiede la sussistenza del rischio specifico presupponendo l’irrilevanza del rischio generico.
Alla luce delle considerazioni svolte dalla giurisprudenza di legittimità, si possono trarre importanti conclusioni in ordine all’obbligatorietà o meno di un determinato DPI.
Posto, a tal proposito, che i DPI rientrano tra le misure di sicurezza che il datore di lavoro è obbligato a predisporre, rendere disponibili e imporre ai lavoratori, non si può ritenere obbligatorio un dispositivo in assenza di un rischio specifico relativo a quella precipua attività.
Per contro, qualsiasi DPI idoneo a tutelare dai rischi specifici intrinseci all’attività svolta sono da ritenersi obbligatori.
Peraltro, in considerazione del fatto che, spesso, i DPI comportano disagi, limitazioni o controindicazioni, la loro obbligatorietà, oltre che da norme di legge, deve essere prevista secondo le modalità di cui al d.lgs. 81/2008.
Si vedranno ora nello specifico tutti questi aspetti.
In un successivo articolo sarà trattato il tema dell’obbligatorietà o meno della mascherina su tutti i luoghi di lavoro.
Indice.
- Cos’è un DPI?
- Quali sono i presupposti di obbligatorietà di un DPI?
- Come può essere disposto l’uso dei DPI?.
- Cosa è il rischio specifico?
- Rilevanza del rischi specifico.
- Irrilevanza del rischio generico.
- Rischio specifico e responsabilità datoriale.
- Rischi specifico e onere della prova.
- Ulteriori precisazioni sul rischio specifico.
1 – Cosa è un DPI?
Occorre vedere cosa è indicato nel d.lgs 81/2008 in riferimento ai DPI.
Al comma 1, art. 74, d.lgs. 81/2008 si intende “per dispositivo di protezione individuale, di seguito denominato “DPI”, qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”.
Dalla citata norma si evince che, affinché possa sussistere un obbligo in riferimento all’utilizzazione del DPI occorre la simultanea sussistenza dei seguenti presupposti:
- Idoneità del DPI a proteggere il lavoratore che lo utilizza;
- Sussistenza di uno o più rischi “ suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro”.
2 – Quali sono i presupposti di obbligatorietà di un DPI?
Coerentemente con quanto sopra, l’art. 75 d.lgs. 81/2008 dispone: “I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro“.
La disposizione implica che non può configurarsi un obbligo di utilizzo di un DPI tout court nei confronti del lavoratore giacché, a monte e ancor prima, il datore di lavoro ha l’obbligo precipuo, ai sensi dell’art. 2087 c.c., di adottare “le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro”.
3 – Come può essere disposto l’uso dei DPI.
L’uso dei DPI, secondo l’art. 79, d.lgs. 81/2008, deve essere disposto con decreto interministeriale adottato dal Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro dello sviluppo economico, previo parere della Commissione consultiva permanente di cui all’art. 6 del d.lgs. 81/2008.
La Commissione è un organo pluralista che rende partecipi delle decisioni più rilevanti in ordine alla sicurezza sul lavoro sia gli organi governativi che le regioni, le province autonome e le parti sociali, cioè le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative per i lavoratori e i datori di lavoro.
La obbligatorietà di un DPI in un determinato luogo di lavoro, pertanto, deve essere stabilita a seguito di un confronto tra soggetti che rappresentano la pluralità degli interessi in gioco.
4 – DPI e rischio specifico.
L’art. 79 del d.lgs. 81/2008, inoltre, precisa che l’utilizzo del DPI, purché disciplinato nei modi citati, deve essere previsto tenendo conto, tra le altre cose, dei “fattori specifici di rischio”.
La norma è coerente con l’art. 2087 c.c. che, come si è visto, parla di obbligo di predisposizione di misure di sicurezza correlate alla “particolarità del lavoro”.
Ciò implica che l’obbligatorietà di utilizzo di un DPI deve essere necessariamente connessa alla sussistenza di un rischio specifico per quel determinato ambito lavorativo.
5 – Cosa è il rischio specifico?
I rischi specifici sono rischi propri del contesto in cui l’attività viene svolta.
Essi si differenziano, così, dal rischio generico che può interessare qualsiasi attività lavorativa, anche incidentalmente.
La giurisprudenza di cassazione, già da tempo, ha più volte precisato al riguardo che “sono rischi specifici solo quelli riguardo ai quali sono dettate precauzioni e regole richiedenti una specifica competenza tecnica settoriale, generalmente mancante in chi opera in settori diversi” (Cassazione penale, Sez. 4, sentenza 39491/2013).
Di tal ché, a prescindere dai rischi che potenzialmente possono manifestarsi sul luogo di lavoro, il datore di lavoro risponde solo ed esclusivamente di quelli propri e caratteristici del settore cui appartiene l’attività lavorativa svolta.
Al fine di contrastare tali rischi, infatti, è essenziale avere determinate competenze tecniche e professionali specifiche che, con tutta evidenza, possono essere possedute solo da chi opera nel settore interessato.
Se, tuttavia, quel rischio specifico per una determinata attività lavorativa, per qualsiasi ragione, si inserisce in un ambito lavorativo professionalmente estraneo, ciò non implica l’insorgere di alcuna responsabilità per l’imprenditore che gestisce tale ultimo ambito lavorativo.
6 – Rilevanza del rischi specifico.
Da quanto sopra emerge che la presenza del rischio specifico ai fini dell’obbligatorietà di un determinato DPI è necessaria per poter definire i limiti e gli ambiti di responsabilità sia del datore di lavoro che del lavoratore.
Il dispositivo di protezione individuale, infatti, non può ritenersi necessario ogni qualvolta un rischio specifico ad una determinata attività si inserisca incidentalmente in un attività lavorativa normalmente estranea poiché in tal caso esso diventa generico e non prevedibile.
Se il datore di lavoro rispondesse per un rischio generico, sarebbe irrilevante il fatto che tale rischio si sia concretizzato a seguito o meno di un nesso eziologico con l’attività lavorativa.
Di conseguenza, il datore di lavoro potrebbe essere perseguito per qualsiasi danno sia arrecato al lavoratore quantunque non originato dall’attività lavorativa.
7 – Irrilevanza del rischio generico.
La citata sentenza della Cassazione Penale 39491/2013, per tali ragioni, aveva escluso la responsabilità per lesioni gravissime in capo al datore di lavoro di un’impresa di nettezza urbana.
Nello specifico, un dipendente di tale impresa era rimasto travolto da un cancello installato male.
I giudici di legittimità hanno escluso la sussistenza del nesso causale giacché l’imprenditore dell’attività di nettezza urbana non poteva essere competente in riferimento al controllo della corretta installazione del cancello.
Tale responsabilità doveva ritenersi in capo all’azienda addetta alla manutenzione.
Ora, nel caso di specie era innegabile che il difetto di installazione del cancello costituisse un rischio presente sul luogo di lavoro.
Tale rischio, tuttavia, si è configurato come rischio generico in quanto non direttamente connesso con l’attività professionale svolta.
8 – Rischio specifico e responsabilità datoriale.
Da ciò emerge che il datore di lavoro è obbligato a predisporre tutte le cautele (compreso l’utilizzo dei DPI) finalizzate a tutelare i lavoratori dai rischi specifici in quanto prevedibili in relazione alle competenze tecniche possedute.
Non vi è alcun obbligo, invece, in relazione ai rischi generici e non prevedibili in riferimento alla natura dell’attività svolta.
A tal proposito Cassazione Civile, sez. 6, 1269/2022 ha, da ultimo ricordato che “l’art. 2087 cod.civ. non delinea un’ipotesi di responsabilità oggettiva del datore di lavoro, in quanto detta responsabilità va collegata alla violazione degli obblighi di comportamento imposti da norme di legge o suggeriti dalle conoscenze sperimentali o tecniche del momento, non potendosi esigere da parte del datore di lavoro la predisposizione di misure idonee a fronteggiare le cause di infortunio imprevedibili (cfr. tra le più recenti, Cass. n. 8911 del 2019, Cass. n. 14066 del 2019, Cass. n. 1509 del 2021)”.
9 – Rischi specifico e onere della prova.
Corollario di ciò è l’onere della prova in ordine al rischio specifico e al conseguente nesso eziologico che grava sul lavoratore.
Si consideri nuovamente Cassazione Civile cit. secondo cui “La prova della responsabilità datoriale, ai sensi dell’art. 2087 cod.civ., richiede l’allegazione da parte del lavoratore, che agisce deducendo l’inadempimento, sia degli indici della nocività dell’ambiente lavorativo cui è esposto, da individuarsi nei concreti fattori di rischio, circostanziati in ragione delle modalità della prestazione lavorativa, sia del nesso eziologico tra la violazione degli obblighi di prevenzione ed i danni subiti (Cass. n. 28516 del 2019, Cass. n. 26495 del 2018, Cass. n. 24742 del 2018)”.
10 – Ulteriori precisazioni sul rischio specifico.
La citata sentenza di Cassazione Civile è tassativa sul rapporto tra rischio specifico, nesso eziologico e onere della prova.
Prosegue in tal senso: “il concetto di specificità del rischio, da cui consegue l’obbligo del datore di provare di avere adottato le misure idonee a prevenire ragioni di danno al lavoratore, va inteso nel senso che incombe al lavoratore che lamenti di avere subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di allegare e provare, oltre all’esistenza di tale danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra, e solo se il lavoratore abbia fornito tale prova sussiste per il datore di lavoro l’onere di provare di avere adottato tutte le cautele necessarie ad impedire il verificarsi del danno e che l’infortunio o la malattia del dipendente non è ricollegabile alla inosservanza di tali obblighi (da ultimo, Cass. nn. 24742 e 26495 del 2018);
– gli indici della nocività dell’ambiente lavorativo, che devono essere indicati dal lavoratore, non sono altro che i concreti fattori di rischio, circostanziati in ragione delle modalità della prestazione lavorativa; tale allegazione rientra nell’ambito dei fatti che devono essere indicati da colui che agisce deducendo l’inadempimento datoriale”.
Si può, pertanto, affermare che ulteriori obblighi rispetto a quelli espressamente disposti da norme di legge oppure con le modalità di cui all’art. 6, d.lgs. 81/2008, possono essere imposti al datore di lavoro solo in presenza di rischio specifico.